Volontariato
Specializzarsi sul sostegno in Romania, è nato il business
In Italia mancano almeno 20mila insegnanti di sostegno specializzati. Così spunta la via dei corsi di abilitazione per il sostegno in Romania: una scorciatoia - legale - di cui si parla da mesi, con preoccupazione. La novità è che ora per tutto questo c’è una campagna pubblicitaria in grande stile
La notizia non è nuova: la via più breve per diventare insegnanti di sostegno passa dalla Romania. In Italia gli insegnanti di sostegno mancano (nel nuovo piano di assunzione migliaia – 20, forse 30mila – di posti sono rimasti vacanti per mancanza di docenti con il necessario titolo di specializzazione), la Romania offre abilitazioni. La logica della domanda offerta funziona come per i dentisti, così tanti insegnanti volano a verso est. Basta poi chiedere il riconoscimento del titolo di studio al Miur, in applicazione della direttiva 2005/36/CE: eventualmente il Miur richiederà il superamento di una prova attitudinale o la frequenza di un tirocinio, niente di più. Si possono conseguire diversi tipi di abilitazione, ma quella che tira, in questo momento, è quella per il sostegno.
Ne hanno parlato in autunno i principali siti legati al mondo della scuola, Silvia Chimenti del M5S presentò un’interrogazione sulla Romania come “fabbrica di abilitazioni sul sostegno» (la 5-06858 del 4 novembre 2015) a cui il Ministero non ha mai risposto: 10mila euro, 15 giorni ed è fatta, dice l’interrogazione, contro una specializzazione che in Italia richiede un apposito corso universitario, un minimo di 60 crediti formativi, almeno 300 ore di tirocinio con prova finale e un’ipotesi di percorso formativo – se ne sta discutendo nella delega, riferisce Tuttoscuola – che dovrebbe durare addirittura sei anni (3 anni di scienze della formazione primaria +2 di laurea magistrale +1 di specializzazione).
La novità è che ora per tutto questo c’è una campagna pubblicitaria in grande stile, partita lunedì 8 febbraio su Info Jobs e Corriere Lavoro, Orizzontescuola.it e tecnicadellascuola.it, «perché nessuno possa tacciarci di prendere delle scorciatoie ed evitare la strada tradizionale per conseguire l’abilitazione all’insegnamento e la specializzazione al sostegno», dicono sul (bel) sito dedicato, www.formazionesostegno.it. Il messaggio della campagna è questo: «Diventa insegnante di sostegno. Puoi farlo in una università europea. Sarai affiancato da un tutor affidabile che ti seguirà dall’iscrizione al riconoscimento al Miur e avrai la possibilità di pagare solo a titolo riconosciuto. Contattaci ora al numero verde o compila il form. Noi ci siamo riusciti, tu cosa aspetti?».
Formazione Sostegno, il soggetto che promuove l’iniziativa, è «un’associazione di professionisti nel campo della formazione e istruzione. Il nostro obiettivo è formare oggi i futuri insegnanti di sostegno». La sede operativa dell’associazione è a Caserta. «Ci siamo associati per consentire a sempre più giovani di poter scegliere il paese europeo in cui specializzarsi, offrendo una strada alternativa – non un escamotage – alla consueta, nel pieno rispetto delle direttive europee vigenti. Una strada che richiederà comunque del tempo, impegno e forte entusiasmo». Offriamo «esperienze formative rigorose e di qualità. Perché siamo più di una scuola di formazione. Siamo una community di alunni, docenti, professionisti e partner internazionali che cerca di rinnovarsi e crescere assieme, per questo costruiamo programmi di studio su misura degli interlocutori».
Se tante, dettagliate e dal tono rassicurante sono le informazioni sulle procedure burocratiche per il riconoscimenti del titolo, il corso di abilitazione in sé e per sé – quello che dovrebbe essere il cuore della proposta – resta avvolto nella nebbia. Di questo corso in Romania sappiamo solo che «è tenuto da docenti universitari, esperti e opinion leader del settore della formazione»; che è previsto un esame di ammissione «su cultura generale e preparazione specifica in materia»; che «si svolge in lingua romena e in italiano»; che è prevista assistenza e supporto da parte di un tutor sia in Italia sia all’estero; che frequentare il corso dà anche «un attestato di certificazione di lingua romena livello B2».
Solo verso la fine delle FAQ arrivano altre informazioni: «il corso di specializzazione al sostegno ha una durata annuale di 750 ore, ripartite in 450 ore di teoria e 300 ore di tirocinio»; la frequenza di «una quota parte delle ore è obbligatoria», non si sa quante, benché si precisi che può frequentarlo anche chi sta facendo una supplenza e che quindi presumibilmente è vincolato a stare in Italia, mentre è esclusa la frequenza per chi è iscritto a un’altra Università per master o specializzazioni; a «conclusione dell’intero percorso di specializzazione è previsto un esame con tesi».
Ma che idea di inclusione ha la Romania? Su quali paradigmi educativi imposterà la sua formazione? Non è dato sapere, dal sito. Gli atti dell’International Conference in Education and Educational Psychology del 2010 raccontavano che in Romania «solo una piccola parte dei bambini con special needs hanno la possibilità di frequentare la scuola di tutti, insieme ai loro coetanei non disabili; la maggior parte di loro deve freqeuntare una scuola speciale. È sempre più evidente che i bambini con disabilità imparano meglio e di più quando sono inseriti in una scuola pubblica all’interno del loro quartiere: esempi di buone pratiche esistono, ma i modelli devono essere resi più sistematici e rafforzati». Una nuova legge è stata promulgata nel 2011, legge che prevede l’inclusione dei bambini nelle scuole di tutti, con un insegnante specializzato, che crea curricola personalizzati, con la possibilità di fare sessioni di terapie specifiche all’interno della stessa scuola, dopo la fine delle lezioni. Nessuna assistenza o supporto è poi garantito per l’Università. Un report del Parlameno europeo del 2013 dice che «per quanto riguarda l’accesso all’istruzione, la legislazione nazionale è stata modificata recentemente per riflettere il principio dell’integrazione scolastica. Tuttavia, questa normativa non è ancora ben tradotta in pratica e sono frequenti casi di non-registrazioni o espulsioni di bambini con disabilità delle scuole tradizionali […] Anche se i bambini con disabilità sono inclusi in una classe ordinaria, nessuna cura particolare è data loro. Questo colpisce in particolare i bambini con disabilità intellettiva».
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